Maria santissima e Giuseppe dopo tre giorni ritrovano Gesù nel tempio fra i dottori.
758. Nel capitolo precedente si è data solo in parte una risposta al dubbio che alcuni potevano avere: come la nostra Regina, sempre attenta e diligente nell’accompagnare e servire il suo Figlio santissimo, avesse potuto perderlo di vista, in modo tale che egli rimanesse a Gerusalemme. Benché sia sufficiente rispondere che fu disposizione dell’Altissimo, dirò ugualmente qualche altra cosa riguardo alle modalità di ciò che accadde senza disattenzione o negligenza volontarie da parte della Madre amorosa. Il fanciullo, oltre ad avvalersi della ressa di gente, si servì anche di un mezzo soprannaturale necessario per distogliere l’attenzione della sua sollecita Madre e compagna. Senza tale mezzo ella non si sarebbe accorta che si allontanava da lei il sole, la guida in tutte le sue vie. Accadde dunque che al separarsi degli uomini dalle donne, come si è detto, l’onnipotente Signore infuse in sua Madre una visione intellettuale della Divinità la cui forza la fece concentrare in se stessa. In questa estasi che la infiammò ebbe l’uso dei sensi solo per proseguire il cammino, rimanendo inebriata nella soavità della consolazione e della vista del Signore. Anche san Giuseppe fu rapito in estasi mediante l’esperienza di una interiore e sublime contemplazione, che lo ingannò tanto da fargli credere che il fanciullo fosse con la Madre. In questo modo Gesù si allontanò da tutti e due restando a Gerusalemme. Quando dopo lungo tempo la visione ebbe fine, la Regina si ritrovò sola e senza il suo amatissimo Figlio e le venne in mente che forse avrebbe potuto essere con il padre putativo.
759. Ciò accadde molto vicino alle porte della città. Il fanciullo Dio, percorrendo le strade, rimirò con gli occhi della sua scienza divina tutto quanto gli doveva succedere e lo offrì all’eterno Padre per la salvezza delle anime. In quei tre giorni chiese l’elemosina per onorare questa umile pratica come prima figlia della santa povertà. Visitò gli ospizi dei poveri e consolando tutti divise con loro le elemosine ricevute; diede in segreto ad alcuni infermi la salute del corpo e a molti altri quella dell’anima, illuminandoli interiormente e riconducendoli sulla via della vita eterna. Con alcuni benefattori che gli diedero l’elemosina operò più abbondantemente meraviglie di grazia e di luce, cominciando così ad adempiere la promessa che avrebbe fatto in seguito alla sua Chiesa: Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
760. Dopo aver compiuto queste ed altre opere secondo la volontà dell’eterno Padre, Gesù si recò al tempio. In quel giorno, come riferisce l’evangelista san Luca, si radunavano i rabbini, che erano i sapienti e i maestri della legge, per studiare le profezie delle Scritture. La disputa riguardava la venuta del Messia. Dalla nascita di Giovanni Battista all’adorazione dei re Magi erano accadute cose straordinarie e meravigliose e tra i giudei non si parlava d’altro, se non che del fatto che il tempo era ormai compiuto e che il Messia era venuto nel mondo, benché non lo si conoscesse ancora. I rabbini erano seduti ai loro posti con l’autorevolezza solita dei maestri e di coloro che si stimano sapienti. Il fanciullo Gesù, il Re dei re e il Signore dei signori, egli che è la sapienza infinita che corregge i saggi, si avvicinò a loro come un umile discepolo che intendesse ascoltare quanto argomentavano e apprendere ciò di cui si trattava. La materia riguardava il Messia promesso, se fosse già venuto o se fosse giunto il tempo in cui sarebbe dovuto venire nel mondo.
761. Le opinioni dei dottori, su questo argomento, erano molto diverse: alcuni sostenevano la prima ipotesi, altri la negavano. Questi ultimi prendevano in considerazione varie testimonianze della Scrittura e delle profezie, prese in quel senso grossolano di cui parla l’Apostolo, allorché dice che la lettera intesa senza lo Spirito uccide. Essi affermavano che il Messia doveva venire con potenza e grandezza di re, dando la libertà al suo popolo e, con la forza del suo potere, riscattandolo dalla schiavitù dei pagani. Di questa potenza e libertà non vi erano indizi nella condizione in cui gli ebrei si trovavano, impossibilitati a rimuovere il giogo dei romani e del loro impero. Questa ipotesi fece grande presa sul popolo cieco e materiale, perché intendevano unicamente per loro la maestà e la grandezza del Messia promesso e la redenzione che avrebbe operato, come se si trattasse di una salvezza temporale e terrena. Ancora oggi è aspettata dai giudei insensibili e accecati da un velo che oscura i loro cuori. Non riconoscono la gloria, la maestà e il potere del nostro Redentore, come non riconoscono che la libertà che egli è venuto a portare al mondo non è terrena, temporale e destinata a perire. Essa è invece celeste, spirituale ed eterna, non solo per i giudei ai quali fu offerta per primi, ma per tutta la discendenza di Adamo, senza eccezioni.
762. Gesù, maestro di verità, sapeva che la disputa sarebbe andata a finire in questo errore. Anche se alcuni optavano per la ragione contraria, erano, però, pochi e comunque oppressi dall’autorità e dalle ragioni degli altri. Dal momento che Gesù era venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità, che era egli stesso, non voleva permettere in questa occasione – in cui era tanto importante manifestarla – che per l’autorità dei sapienti prendessero forza l’errore e l’inganno. Il suo amore non sopportò di vedere, riguardo alle sue opere e all’altissimo fine per cui era venuto, quanta ignoranza si trovasse nei maestri che avrebbero dovuto essere idonei ministri della vera dottrina per insegnare al popolo il cammino della vita e l’autore di essa, il Signore nostro redentore. Il fanciullo Dio si avvicinò ai dottori per manifestare la grazia diffusa sulle sue labbra. Entrò in mezzo a loro con maestà e bellezza, come chi desideri domandare qualche chiarificazione. In questo modo rese disponibili i saggi ad ascoltarlo con attenzione.
763. Gesù disse: «Ho compreso appieno il vostro dubbio circa la venuta del Messia e anche come l’avete risolto. Intendo proporvi la mia obiezione riguardo alla vostra risoluzione. Per i profeti la venuta del Messia avverrà con potenza e maestà. A questo proposito Isaia dice che sarà nostro legislatore, nostro re e salverà il suo popolo; e in un altro passo afferma che verrà da lontano, ardente sarà la sua ira e gravoso il suo divampare. Anche Davide assicura che egli brucerà tutti i suoi nemici. Daniele afferma che tutti i popoli e le nazioni lo serviranno. Nel libro del Siracide si legge che con lui verrà una grande moltitudine di santi. I profeti e le Scritture ci indicano simili promesse per manifestare la sua venuta con segni chiari e visibili se si meditano con attenzione. Il dubbio si fonda su questi e altri passi, che devono essere ugualmente veri, anche se in apparenza sembrano contrari. Dando a ciascuna profezia il vero senso si trova il punto d’unione in cui ciascuna concorda con l’altra. Come intenderemo ora ciò che dice lo stesso profeta riguardo al Messia, e cioè che sarà disprezzato e reietto dagli uomini e nessuno racconterà di lui nella generazione futura? Che sarà maltrattato e come un agnello sarà condotto al macello senza aprire la sua bocca? Geremia afferma che i nemici del Messia si uniranno per perseguitarlo, avvelenare il suo pane e cancellare il suo nome dalla terra, ma non prevarranno contro di lui. Davide dice che sarà l’infamia degli uomini, rifiuto del suo popolo e come verme calpestato e disprezzato. Zaccaria invece riferisce che umile cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Tutti i profeti descrivono allo stesso modo il Messia promesso».
764. Il fanciullo Gesù proseguì dicendo: «Ora, come possono accordarsi queste profezie se si ammette che il Messia debba venire con la potenza e la maestà delle armi, per vincere tutti i re e monarchi con la violenza e lo spargimento di sangue altrui?
Innanzitutto non si può negare che egli debba venire due volte: la prima per redimere il mondo, la seconda per giudicarlo. Le profezie vanno attribuite a queste due venute, dando a ciascuna il valore che merita. Il fine di esse è diverso, e diverse sono anche le condizioni, e perciò la missione del Messia sarà in esse assai differente. Nella prima venuta il Redentore deve vincere il demonio per sottrargli l’impero che ha acquistato sulle anime con il peccato originale. In primo luogo il Messia deve dare soddisfazione a Dio in nome di tutto il genere umano. Deve poi insegnare agli uomini con le parole e con l’esempio il cammino per giungere alla vita eterna: come essi debbono vincere i nemici, servire e adorare il loro Creatore e redentore e come corrispondere ai doni e benefici ricevuti dalla sua mano usandoli bene. Questo è il fine a cui si deve conformare la sua vita e la sua dottrina nella prima venuta.
La seconda riguarda il giudizio universale per dare il compenso o la punizione a seconda delle opere buone o cattive che ciascuno ha compiuto e per dare ai suoi nemici, con furore e sdegno, il castigo meritato. Questo è quanto dicono i profeti riguardo alla seconda venuta.
765. Se vogliamo intendere che la prima venuta sarà con potenza e grandezza e che il Messia, come dice Davide, dominerà da mare a mare e che il suo regno sarà glorioso, secondo quanto affermano i profeti, tutto ciò non riguarda il regno temporale, ma il nuovo regno spirituale che avrà le sue fondamenta in una nuova Chiesa, la quale si dilaterà su tutta la terra con maestà, potenza e ricchezza di grazia e di virtù per combattere il demonio. Così si accordano tra loro tutte le Scritture e non vi è altro significato. Il fatto che il popolo di Dio si trovi ora sotto l’impero romano, senza ristabilirsi nel proprio, non è segno che il Messia non sia ancora venuto, ma anzi è l’infallibile testimonianza che egli è già presente tra di noi. Il nostro patriarca Giacobbe ci lasciò questo segno affinché i suoi discendenti ne venissero a conoscenza guardando la tribù di Giuda senza scettro e governo di Israele. Ora voi dite che né questa né altra tribù nutre alcuna speranza di averlo o recuperarlo. Lo provano anche le sette settimane di cui parla il profeta Daniele, le quali evidentemente sono già compiute. Chi ha memoria si ricorderà di ciò che udì pochi anni fa: a Betlemme, a metà della notte, fu vista una grande luce e ad alcuni poveri pastori fu annunziata la nascita del Redentor. Alcuni Magi giunsero dall’oriente guidati da una stella per adorare il re dei giudei. Le profezie lo avevano preannunciato. Il re Erode, padre di Archelao, credendo imbattibile questo bambino, uccise tutti gli infanti di Betlemme dai due anni in giù per paura che gli succedesse nel regno di Israele.
766. Questa e altre ragioni espresse il bambino Gesù con il potere di chi, domandando, parlava con autorità. Gli scribi e i dottori ammutolirono e stupefatti s’interrogavano tra loro dicendo: «Che meraviglia è questa? Che bambino prodigioso! Da dove è venuto e di chi è figlio questo fanciullo?». Pur rimanendo ammirati, non sapevano né sospettavano chi fosse colui che li ammaestrava e illuminava su una verità così importante. Prima che Gesù avesse terminato il suo discorso, giunsero Maria santissima e il suo castissimo sposo san Giuseppe. Alle sue ultime parole i maestri della legge stupefatti si alzarono in piedi. La divina Madre, piena di grande gioia, si avvicinò al suo amatissimo Figlio e in presenza di tutti disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. La Madre pronunciò tale rimprovero con riverenza ed affetto, adorando il suo figlio Gesù come Dio e manifestandogli la sua afflizione come a figlio. Rispose Gesù: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
767. L ‘evangelista san Luca riferisce che essi non compresero le sue parole, perché il mistero era ancora a loro nascosto, per due motivi. Il primo era la gioia interiore provata, dopo tanto dolore, per il ricco tesoro ritrovato; il secondo era l’impossibilità di capire ciò di cui si discuteva perché non erano giunti in tempo. A queste due motivazioni se ne aggiunse una terza che riguardava la nostra Regina: l’intimo del suo santissimo Figlio nel quale ella avrebbe potuto conoscere tutto le era stato nascosto da un velo. I dottori uscirono dal tempio comunicandosi lo stupore destato in loro dall’ascolto di una tale sapienza. La beatissima Madre restando sola con il suo Figlio santissimo gli disse stendendo verso di lui le braccia: «Permettete, Figlio mio, che il mio cuore manifesti il dolore e la pena. Non si consumi la mia vita in questa sofferenza, se vi posso ancora servire. Non allontanatemi dal vostro sguardo, accettatemi come vostra serva. Se vi ho perso di vista per mia negligenza, perdonatemi e rendetemi degna di voi; non castigatemi allontanandovi da me». Il fanciullo Dio l’accolse con tenerezza e le si offrì come maestro e compagno sino al tempo stabilito. Il cuore della gran Signora, confortato da queste parole, trovò pace e insieme si incamminarono verso Nazaret.
768. Quando furono lontani da Gerusalemme e ormai soli, la Madre si prostrò a terra per adorare il suo Figlio santissimo e chiedere la benedizione, perché non aveva potuto fare questo nel tempio, fra la gente, al momento del ritrovamento. Attenta ed accorta non voleva perdere occasione di compiere ogni cosa con la pienezza della sua santità. Il fanciullo Gesù l’alzò da terra e le si rivolse con tenerezza e dolci parole. Subito tolse il velo e alla Madre si manifestò nuovamente l’anima santissima del suo Figlio, con maggiore chiarezza e profondità di prima. La divina Signora conobbe gli intimi misteri e le opere che il suo Figlio aveva compiuto nei tre giorni di assenza. Comprese anche tutto quanto era avvenuto nel tempio con i dottori della legge, ciò che Gesù aveva detto loro e le ragioni per le quali non si era manifestato chiaramente come Messia. Il Signore rivelò molti altri segreti e misteri nascosti alla sua Madre vergine, come scrigno nel quale si depositavano tutti i tesori del Verbo incarnato, affinché ella, per tutti e in tutti, glorificasse e lodasse l’autore di tante meraviglie. La Madre eseguì tutto questo con la compiacenza e l’approvazione dello stesso Signore. Disse poi al fanciullo di riposarsi un poco nella campagna in cui si trovavano e di prendere del cibo. Egli accettò quanto gli veniva offerto dalla mano della gran Signora che, come madre della stessa sapienza, pensava a tutto.
769. Proseguendo il cammino Maria santissima trattò con il suo dolcissimo Figlio i misteri che egli stesso le aveva rivelato interiormente riguardo alla questione discussa con i dottori. Il celeste Maestro le confidò che i dottori e gli scribi non avevano riconosciuto in lui il Messia, per la presunzione e l’arroganza della loro scienza. Infatti le tenebre della superbia oscuravano la loro intelligenza incapace di intuire la luce divina benché fosse immensa quella che il fanciullo aveva offerto loro. Se avessero umilmente disposto la volontà e il desiderio alla verità, le ragioni che egli aveva portato sarebbero state sufficienti per convincerli, ma l’impedimento che avevano frapposto non aveva permesso che ciò accadesse, nonostante la verità fosse così chiara ai loro occhi. In questo viaggio di ritorno il nostro Redentore convertì molte anime alla salvezza facendo della sua Madre santissima uno strumento di queste meraviglie e illuminando attraverso le sue prudenti parole e sante ammonizioni i cuori di coloro ai quali ella parlava. Sanarono molti infermi, consolarono gli afflitti e gli oppressi spargendo ovunque grazie e misericordie ad ogni occasione opportuna. Poiché in altri viaggi compirono opere simili a queste, non mi soffermo ora a riferirne altre; molti capitoli e tanto tempo sarebbero necessari per raccontarle tutte, ma ci sono cose più utili da scrivere in questa Storia.
La Mistica Città di Dio – Maria d’Agreda
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